Non possiamo parlare di American Dream senza chiedere consiglio a uno degli expat manager italiani di maggior successo, Giuseppe Firenze, Senior Vice President and Information Officer di Eli Lilly and Company, società multinazionale tra le più importanti del settore farmaceutico ($ 28.5 Miliardi di fatturato e capitalizzazione di mercato pari a $ 341 Miliardi). Da molti anni a Indianapolis, dove lavora presso la sede globale della società alla quale è legato dai tempi della sua tesi di laurea in ingegneria meccanica, discussa all’Università di Genova nel ‘93, Giuseppe non solo vive il sogno, ma lo mette anche da tempo a disposizione di tanti giovani neolaureati con programmi aziendali di mentorship e coaching.
Partito da un background universitario tecnico, questo manager italiano ha allargato il suo orizzonte di competenze all’area vendite, al global marketing, all’innovazione strategica e alla creazione/gestione di unità e modelli di sviluppo commerciale. Una storia di formazione continua in azienda e di predisposizione all’esplorazione oltre la propria comfort zone, in linea con la dottrina manageriale americana votata a processi responsabilizzanti di autodeterminazione individuale (empowering), oggi più che mai fondamentali per la gestione di ecosistemi di lavoro complessi e strutturati.
Giuseppe, grazie per esserti messo a disposizione di Reputation Review e dei nostri lettori. Quali caratteristiche dovrebbe possedere oggi un manager globale per accedere al mercato del lavoro o per rafforzare la sua posizione esistente?
You are welcome, Nicola, è un piacere condividere con i vostri lettori alcune delle tematiche a me tanto care. Durante gli ultimi anni di maturazione aziendale sono infatti riuscito a cristallizzare una griglia contenutistica che uso spesso per aiutare i giovani e aspiranti leader a entrare in una cultura d’impresa come quella della società per cui lavoro.
Il primo punto è sicuramente capire che il raggiungimento di risultati concreti è la condizione minima che ci si aspetta di ottenere, soprattutto negli Stati Uniti dove il pragmatismo regna sovrano. Ogni azienda è basata sulla crescita, non solo economica. Ciò presuppone la fissazione di obiettivi, una costante in tutte le aree di produzione e sviluppo. Ed è inclusa nel discorso anche la sfera personale di ogni individuo.
Il secondo punto è possedere delle competenze di base, per alcuni nemmeno poi così scontate. Queste sono anzi fondamentali per una comprensione completa delle dinamiche aziendali anche intese globalmente. Le competenze di base sono quelle che permettono di:
- Definire compiutamente una visione aziendale o progettuale.
- Sviluppare strategie anche e soprattutto di lungo periodo.
- Implementare programmi esecutivi – il diavolo è sempre nei dettagli.
- Comunicare con efficacia ad ogni livello di interazione – sia orizzontale che verticale.
L’ultimo punto include 3 componenti che, a mio avviso, definiscono le Qualità Caratteriali di ogni individuo e che sono parte integrante dell’essere leader:
- L’Intelligenza Emotiva, ovvero la capacità di creare relazioni, stabilire e consolidare fiducia reciproca e quindi anche di trasferire competenze e responsabilità. Noi italiani possediamo per natura una grande quantità di intelligenza emotiva e, nel mio caso personale, è stata sicuramente tra le qualità maggiormente apprezzate ed efficace.
- La Determinazione, ovvero la volontà di eccellere e rappresentare un asset vincente per sé stessi e per l’azienda, anche identificando nel tempo priorità e mantenendo un controllo propositivo. Questo permette all’individuo di rispondere a momenti di difficoltà o fallimento che, per inciso, non sono mai da considerarsi eventi negativi ma piuttosto delle opportunità di crescita esponenziale.
- Il Miglioramento Continuo – e qui entriamo nella dimensione che più mi entusiasma – forse anche perché è stata la componente principale del mio percorso aziendale e abbraccia tutte le caratteristiche fin qui proposte. Bisogna essere mossi da una curiosità di conoscenza che porti a evolversi mantenendo sempre affidabilità e credibilità. Ciò significa sviluppare un forte spirito di adattamento ai cambiamenti e assicurarsi un posizionamento competitivo e al passo con i tempi. Questa versatilità si raggiunge con l’esercizio e la disciplina ma anche tramite la volontà di mettersi in gioco e non prendersi troppo sul serio, spesso segnale di rigidità.
Vorrei concludere dicendo che tutti questi suggerimenti e condizioni hanno un motore propulsivo principale che spesso identifichiamo nel nostro potenziale intellettivo, ma che, a mio avviso, è posizionato al centro della nostra gabbia toracica: il cuore. È incredibile, ma anche in un complesso ambito aziendale la semplicità di un gesto di aiuto rimane qualcosa di profondo che non passa inosservato. La costruzione di noi stessi e di tutto ciò che tocchiamo con il pensiero, con le parole e con i gesti sono infatti un boomerang reputazionale che paga sempre e ci riempie la vita.